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05 Giugno 2025

L’importanza della luce naturale nei musei – di Valeria Bencardino

Se non fosse per l’ombra, non ci sarebbe bellezza.”​

Libro d’ombra.
Jun’ichirō Tanizaki.

L’illuminazione naturale degli spazi museali ha sempre rappresentato una sfida tra esigenze espositive e vincoli conservativi. La luce solare, spesso considerata un elemento da schermare per evitare danni alle opere, può invece diventare un autentico strumento progettuale, capace di arricchire la percezione spaziale e intensificare la relazione tra visitatore e ambiente. Se trattata come mezzo artistico e sensoriale, genera effetti dinamici di grande impatto, valorizzando le superfici e creando profondità attraverso ombre e riflessi (Figura 1).

1 – Museo Nazionale di Scozia: Galleria nell’atrio principale.

Le ombre naturali costituiscono un’opportunità per interpretare lo spazio espositivo. La loro continua trasformazione, dovuta ai cambiamenti della luce esterna, offre ai visitatori una percezione intuitiva dello scorrere del tempo e delle condizioni atmosferiche. Questa interazione tra luce interna ed esterna instaura un dialogo costante, trasformando il museo in un organismo vivo. La variabilità stagionale fa emergere dettagli e trame delle opere in modi nuovi e sorprendenti, amplificando la percezione dinamica degli spazi e rendendo unica ogni visita. Integrare consapevolmente il gioco di luci e ombre nella progettazione museale significa quindi trasformare l’illuminazione stessa in un elemento espressivo capace di raccontare storie sempre nuove.

Tuttavia, l’integrazione dell’illuminazione naturale negli spazi espositivi incontra spesso ancora molta resistenza, principalmente per motivi dovuti al rischio di deterioramento dei materiali sensibili ai raggi UV e IR. Se alcune opere, come manoscritti, dipinti su carta e tessuti richiedono in effetti assoluta protezione, altre come metalli, ceramiche, vetri e sculture in pietra, tollerano livelli di illuminazione superiori, consentendo un approccio più flessibile.

È rilevante, ai fini progettuali, la suddivisione in classi delle opere d’arte  in relazione alla loro sensibilità alle radiazioni poiché, per ciascuna classe, le norme definiscono il livello massimo di illuminazione consentito, considerando non solo l’intensità emessa, ma anche la durata dell’esposizione e la composizione spettrale della sorgente luminosa.

La corretta gestione dell’esposizione alla luce naturale diventa cruciale non solo per la conservazione delle opere, ma anche per chi vive quotidianamente il museo. I  criteri illuminotecnici per gli ambienti interni tengono conto limiti espositivi per le opere d’arte, ma anche delle esigenze visive e psicologiche delle persone, poiché la presenza della luce ambientale influisce positivamente sul loro comfort e benessere.

Le metodologie progettuali più comuni per l’illuminazione museale tendono generalmente a neutralizzare la luce solare attraverso schermature rigide o superfici opache, con lo scopo di garantire un’ambiente asettico per una percezione visiva uniforme. Questo articolo propone invece un approccio inclusivo, che valorizza proprio le componenti variabili e imprevedibili della luce naturale (Figura 2). La luce solare, dunque, non viene interpretata come un’interferenza, ma piuttosto come un elemento narrativo e trasformativo, capace di creare scenari suggestivi e sorprendenti attraverso il gioco delle ombre.

2 – Museo Nazional di Scozia. Disegni creati per la ricerca

In questo contesto si inserisce una ricerca condotta a Edimburgo, che sfida il tradizionale approccio progettuale ed esplora una strategia alternativa ed innovativa per integrare e massimizzare la luce giornaliera negli spazi espositivi, bilanciando gli aspetti tecnologici e normativi con le tematiche espressive. Lo studio si è focalizzato non solo sulla integrazione della luce solare ma anche sulle sue ombre come risultato visibile dell’interazione con forme e superfici, trasformandole in un elemento comunicativo all’interno del percorso museale. Sperimentazioni hanno evidenziato come l’interazione tra luce diretta e ombre vada oltre l’aspetto puramente estetico, coinvolgendo anche dimensioni percettive e cognitive più complesse.

La presenza dinamica della luce, con le sue variazioni stagionali e giornaliere, stimola la percezione della profondità e attiva risposte neuronali coinvolte nell’orientamento spaziale, come la griglia neuronale e le cosiddette place cells, rafforzando la consapevolezza del visitatore rispetto allo spazio e al tempo. Il gioco di luci e ombre arricchisce così la complessità percettiva dell’ambiente, trasformando l’esperienza dello spazio in un percorso di continua riscoperta e amplificando la percezione tridimensionale dell’occhio umano.

3 – Museo Nazionale di Scozia, Atrio principale.

Il Museo Nazionale di Scozia, con la sua architettura ottocentesca e il grande atrio inondato di luce naturale, ha rappresentato un contesto ideale per la ricerca (Figura 3). La parte centrale del museo, risalente al 1866, si caratterizza per la sua imponente architettura vittoriana, con una grande sala centrale realizzata in ghisa e coperta da un vasto soffitto vetrato. All’interno di questo spazio si sviluppano tre gallerie su balconata, adibite a parziale esposizione e ristorazione, che corrono lungo l’intera lunghezza della sala.

4a, 4b e 4c – Museo Nazionale di Scozia. Gallerie nell’atrio principale.

Durante l’osservazione sul campo, svolta con il supporto di uno dei curatori del museo, è emersa la difficoltà nel posizionare oggetti sensibili in queste aree, a causa dell’illuminazione naturale che incide direttamente e in maniera variabile su tutte le superfici, creando pattern di luce e ombra estremamente dinamici. Inoltre, è stato rilevato un ulteriore aspetto critico legato alla sicurezza e all’orientamento dei visitatori (Figure 4a 4b e 4c).. In alcuni casi, infatti, la sovrapposizione di ombre complesse può generare falsi livelli percettivi o ambiguità nella lettura dei percorsi espositivi. Queste problematiche hanno quindi indirizzato le scelte progettuali verso soluzioni capaci di mitigare tali effetti, preservando tuttavia la ricchezza visiva derivante dall’uso della luce naturale.

L’obiettivo prefissato era sviluppare un modello di tecniche di filtraggio che permettesse allo stesso tempo di catturare e valorizzare i giochi d’ombra generati dall’interazione con la complessa struttura metallica, rendendo così queste proiezioni parte integrante dell’esperienza espositiva, in continua evoluzione. Il fine non è soltanto conservativo ma anche esperienziale, volto a offrire al visitatore un’esperienza visiva inedita, che muta costantemente nel corso della giornata. È proprio attraverso il contrasto, la variabilità e la profondità generate dalle ombre che lo spazio espositivo rivela aspetti nascosti, capaci di attivare nuove forme di percezione e di instaurare un dialogo continuo tra il visitatore e l’installazione stessa.

5 – Museo Nazionale di Scozia. Studi sull’incidenza dei raggi solari annuali.

Le ombre, in questo contesto, devono essere considerate a pieno titolo elementi dell’illuminazione, poiché forniscono informazioni fondamentali sulla posizione, la direzione e la distanza della fonte luminosa rispetto all’oggetto illuminato. Il costante cambiamento dell’angolo solare (Figure 5), con le sue variazioni dinamiche nella temperatura di colore e nell’intensità della luce, contribuisce a trasformare la percezione degli oggetti osservati durante le ore diurne. Il risultato è una sequenza continua di esperienze visive diverse, che invita il visitatore a esplorare l’opera d’arte e lo spazio circostante sotto nuovi punti di vista, ogni volta differenti (Figure 6).

6 – Museo Nazionale di Scozia. Studi sull’incidenza dei raggi solari annuali.

Gli studi effettuati si sono basati sull’utilizzo di pannelli semitrasparenti di dimensioni variabili, realizzati in carta ignifuga increspata hi-tech, dotati di pellicole filtranti, sospesi nell’atrio su griglie verticali, posizionati strategicamente per adattarsi all’inclinazione stagionale dei raggi solari e catturare quindi le ombre ottenute (Figura 7). I test effettuati su modelli in scala (1:50 e 1:25) hanno confermato l’efficacia di tali dispositivi sia nella diffusione della luce sia nella protezione dai raggi UV. In particolare, l’installazione in serie di quattro pannelli ha consentito una riduzione dell’illuminamento da 1609 lx a soli 113 lx, con una diminuzione pari al 92,98%, contribuendo, ove necessario, alla protezione dei materiali sensibili esposti e trasformandosi, al contempo, in un’opera d’arte essa stessa.

7 – Museo Nazionale di Scozia. Disegni illustrativi a supporto dell’approccio proposto.

Il sistema agisce come una sorta di scudo luminoso e al contempo consente alla luce naturale di fluire nello spazio in modo diffuso e dinamico. Le ombre così generate non sono rigide o nette, ma ammorbidite, e proprio in questa delicatezza risiede la loro forza espressiva. Esse danno vita a pattern visivi mutevoli, che stimolano l’osservazione riflessiva da parte dei visitatori (Figura 8).

8 – Modello 1:25 del Museo Nazionale di Scozia utilizzato per effetturare i test.

Il sistema è in grado di catturare la luce diretta sul lato esterno del pannello, mentre diffonde quella incidente verso l’interno della galleria, creando un equilibrio ideale tra protezione e valore estetico. Il risultato è una filtrazione selettiva che mitiga le ombre eccessivamente dure attualmente esistenti sulle balconate, senza sacrificare la qualità luminosa dello spazio espositivo.

In questo processo, la luce non è più soltanto un elemento funzionale, ma diventa parte integrante dell’opera stessa: interagendo con i materiali, li evidenzia, li attraversa, li modifica, trasformando l’illuminazione in un’esperienza sensoriale e narrativa che coinvolge profondamente il visitatore

Nelle ore serali, i pannelli sospesi si trasformano in superfici ideali per installazioni luminose. Proiettori a colore variabile e proiettori scenografici con tecniche di video mapping reinterpretano i motivi generati dalla luce naturale durante il giorno, creando movimenti che danno vita a nuovi strati narrativi, generando atmosfere immersive sotto la volta vetrata ormai oscura della galleria centrale. Questi interventi serali ampliano ulteriormente l’esperienza museale, trasformando l’interazione con la luce in un atto creativo e partecipativo, capace di rinnovarsi ogni giorno.

Questo approccio, basato sulla specifica esposizione geografica e architettonica dello specifico edificio museale, rappresenta un invito per architetti e curatori a esplorare nuovi metodi di progettazione che valorizzino un modello alternativo di fruizione delle opere d’arte, fondato sull’illuminazione naturale e sull’interazione con le ombre generate dall’architettura stessa. Lo studio condotto nel Museo Nazionale di Scozia ha mostrato che l’introduzione consapevole e rispettosa delle indicazioni normative della luce naturale non rappresenta soltanto una scelta architettonica, ma costituisce un’opportunità per ridefinire il ruolo dell’illuminazione come elemento chiave e parte integrante degli ambienti espositivi.

Inoltre, lo studio ha evidenziato il contributo sostanziale offerto dalle ombre generate dalla luce naturale, che si fanno testimoni dello scorrere del tempo e instaurano connessioni profonde tra le opere, l’architettura museale e il contesto esterno. Grazie alla mutevolezza luminosa, le ombre arricchiscono l’esperienza percettiva, smettendo di essere un semplice effetto collaterale dell’illuminazione per diventare protagoniste attive del progetto museale: presenze silenziose e potenti che, giorno dopo giorno, raccontano storie diverse e custodiscono l’identità stessa dello spazio espositivo e delle opere che lo abitano.

Tale visione può essere estesa a numerosi altri musei, arricchendo così gli spazi espositivi con installazioni uniche e contestualizzate in ogni città. In questo modo, ai visitatori si offre un’esperienza aggiuntiva, dinamica e in continua trasformazione, valorizzando sia le opere esposte sia le condizioni di benessere psicofisico dei lavoratori che operano quotidianamente nei musei. Allo stesso tempo, si aprono nuove opportunità per artisti emergenti, promuovendo eventi e installazioni interattive serali che coinvolgono l’intera comunità, rafforzano i legami sociali e favoriscono la crescita culturale collettiva.

Valeria Bencardino
Architetto & Lighting Designer

Riferimenti bibliografici

[1] Cuttle C. (2008) Lighting by design. Oxford, Elsevier

[2] Edensor T. (2015) The Gloomy city: Rethinking the relationship between light and dark

[3] Kobylarczyk J. (2015) Architectural Imagination – Play With Form And Space. Available from:

http://www.ejournals.eu/Czasopismo-Techniczne/2015/Architektura-Zeszyt-8-A-(14)-2015/art/6534/

[4] LACMA (2017) Turrell J.  | Art + Film Honorees in 2017, Vimeo.

[5] Moser E.I., Moser M-B., Kropff E. (2008). Place cells, grid cells, and the brain’s spatial representation system, Annual Review of Neuroscience – Volume 31.

[6] M. Millet (1996) Light Revealing Architecture. USA, Van Nostrand Reinhold

[7] Tanizaki J. (2001) In Praise of Shadows. London, Vintage Classics.

Crediti fotografici:
Valeria Bencardino

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