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Architettura
21 Aprile 2020

Post Covid19. Giammetta Architects: «Un futuro hi-human, dall’abitazione alla città»

di Redazione OAR

«La condizione di costrizione che stiamo vivendo in questo periodo ha portato in primo piano l’uomo e l’importanza dei suoi rapporti sociali». E saranno questi valori – secondo Marco e Gianluigi Giammetta, fondatori di Giammetta Architects – i cardini del futuro prossimo, «che sarà hi-human», in un confronto ideale con il paradigma hi-tech.

La distanza, spiegano gli architetti, «ha sottolineato in maniera più incisiva l’utilità della tecnologia come strumento di avvicinamento, relazione e condivisione. La ‘casa’ intesa come spazio fisico – e le relazioni che questo spazio deve avere con chi ci abita, con la tecnologia e con la città – è un modello da ripensare. La velocità, il consumismo, la mobilità senza regole, hanno portato l’uomo ad assumere un atteggiamento egocentrico, donandogli l’apparente certezza di una invulnerabilità che non ha fatto altro che generare danni. Oggi una minaccia invisibile trasforma queste certezze in fragilità e ferma in un attimo il tempo. Non si corre più, non si lavora più: ma si continua a pensare, a riflettere, a vivere all’interno delle nostre case».

Si presenta, così, una grande occasione per fare evolvere il rapporto tra uomo, tecnologia e ambiente, nell’ottica di una vita più sostenibile. «Un nuovo umanesimo – lo definiscono i progettisti romani -, dove il rapporto con la tecnologia dovrà mettere al centro l’uomo e il suo ambiente, connetterlo allo spazio in cui vive facendolo interagire in maniera dinamica, come se l’architettura stessa fosse un essere vivente».

Come sarà, allora, la casa del futuro?, Non solo un «luogo rifugio», ma si connoterà sempre di più come equilibrio di due spazi: «Il primo reale, fisico. Sarà un ambiente multi-funzione, nel quale svolgere diverse attività in spazi originariamente pensati per altro, dove respirare aria pulita in presenza di polveri inquinanti esterne, dove sostenere la convivenza e l’autonomia di movimento delle persone, dove conservare privacy e possibili isolamenti. Ed il secondo virtuale, un ambiente aperto verso il mondo della ‘connessione’, della condivisione, della tecnologia applicata. Un organismo intelligente che – fortemente legato all’architettura – possa sostenere l’uomo nella gestione degli spazi e delle sue attività all’interno di essi. E supportarlo anche in situazioni di emergenza».

Le due dimensioni spaziali – fisica e virtuale – devono interagire l’una con l’altra, «come i bassi e gli acuti in stereofonia, in modo da avere una percezione del reale in equilibrio: in una casa. oggi, si dorme e si mangia, si lavora, si assiste ad eventi culturali, a concerti, a mostre, si fanno acquisti. Spazi e mobili devono adattarsi per rendere possibili diverse funzioni anche a più persone contemporaneamente». Per questo,  in prospettiva – concludono Marco e Gianluigi Giammetta – la casa, così come la città, dovrà essere «mutante, perché adattabile in funzione alle trasformazioni esterne; collettiva, perché sempre di più legata alla condivisione degli spazi; ricongiunta, perché dovrà trovare un punto di incontro con la natura, l’ambiente e la sua sostenibilità; smart, per una nuova e più osmotica relazione che dovrà avere con la tecnologia. Allora possiamo parlare di un futuro hi–human in cui a varie scale – dall’abitazione alla città – i nostri progetti dovranno avere come tema principale l’equilibrio di questi quattro fattori fondamentali».

(FN)

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