Editoriale

L’Architettura quale strumento di crescita urbanistica, culturale e sociale.

La diffidenza della cittadinanza nei confronti dell’architettura è generata purtroppo da una serie di concause.

In questi ultimi anni è andato crescendo un rigetto da parte dei cittadini verso ogni tipo di modifica del territorio: si combattono le trasformazioni dell’esistente per partito preso e a niente serve dire che “est modus in rebus”.
Ormai questo sentire negativo nei confronti delle nuove costruzioni è talmente tanto stratificato nella mentalità delle persone che spesso non serve a niente adire anche a percorsi di partecipazione.

Ma come si è arrivati ad avere questa posizione così intransigente? E perché è tanto differente questa mentalità della nostra popolazione rispetto ad altri paesi europei a noi vicini come Francia, Spagna, Germania, Olanda, Danimarca, ecc… L’approccio in questi paesi esteri è quello dettato dalla curiosità di un nuovo elemento d’architettura che di solito muove l’asticella della conoscenza e dei servizi più in alto: ciò rende curiosa e non ostativa la cittadinanza degli altri paesi europei.
La differenza principale tra questi paesi ed il nostro è evidente: l’uso del concorso d’architettura per la selezione del migliore dei progetti e dei migliori architetti.

La procedura concorsuale dà la possibilità di avere un’ampia gamma di possibilità di trasformazione dei territori tra cui scegliere le più efficaci ed i benefici alle zone in cui si vanno ad inserire successivamente le costruzioni sono enormi, e non sono solo di tipo estetico, funzionale, ed economico. Infatti consentono di costruire città culturalmente policentriche, delineando una chiara identità all’area in cui si inseriscono, defaticando i centri storici e facendo crescere sana la popolazione.
Un esempio su tutti che possiamo portare, e potremmo farne centinaia, è il concorso internazionale che nel 1983 François Mitterrand volle per la Defense e che, contro ogni pronostico, vinse un architetto danese sconosciuto Johann Otto von Spreckelsen.

Non sono state tutte rose e fiori per l’architetto sconosciuto risultato vincitore del concorso neanche in Francia. Anche lui si scontrò con burocrazia e leggi francesi (in questo caso non possiamo certo dire mal comune mezzo gaudio), ma l’idea dell’architetto Johann Otto von Spreckelsen rimase nella realizzazione.

Oggi scontiamo in Italia una forte diffidenza dell’opinione pubblica su ogni tipo di intervento, nella consapevolezza, evidentemente, che le operazioni che vengono licenziate non sono operazioni culturali di architettura, ma di speculazione edilizia. Speculazione che ormai, con l’andar del tempo, è percepita come una connotazione negativa e dispregiativa e non come uno strumento necessario a disposizione della volontà pubblica di rigenerazione del territorio.
L’elemento che fa la differenza è la qualità prodotta dal progetto di architettura che può risultare più elevata attraverso concorsi aperti a tutti e realizzati in due fasi, ma è anche la capacità politica di avere una visione chiara di sviluppo consono, funzionale e identificativo dei territori.
Sui mercati generali di Roma era stato realizzato un concorso vinto da OMA di Rem Koolhaas nel 2005 che fece un masterplan, dopo di che 20 anni di abbandono. Non è il solo concorso abbandonato: ricordiamo anche Campidoglio 2 del 2008 vinto da Studio Altieri e Mario Cucinella. Non se ne è saputo nulla.

Molti sarebbero gli esempi in tutta Italia.

Va trovato un percorso di riavvicinamento tra architettura e cittadinanza che oggi, purtroppo, è stato di fatto danneggiato da operazioni che poco hanno a che fare con l’ideazione di un intervento di architettura, degno di rimanere nel tempo così come quelli che hanno costruito la Roma e che oggi tutto il mondo ha nel suo immaginario collettivo.
Una possibile soluzione sarebbe abbandonare l’edilizia “commerciale”, che poi invecchia velocemente e non lascia nessuna traccia nel solco culturale cittadino, e aprire, con forte volontà e capacità politica di visione, allo strumento che ha reso Roma famosa in tutto il mondo: l’Architettura quale strumento di crescita urbanistica, culturale e sociale.