Intervista
16 Aprile 2025

Intervista di Steven Holl | Art Drives Architecture

“La fase in cui viviamo è un momento di entropia: foreste in fiamme, ghiacciai che si sciolgono, oceani che si innalzano, fenomeni migratori di massa, politici bugiardi e media che promuovono la falsità. Ma in tutta questa entropia, l’architettura ci offre una anti-entropia, un pensiero creativo, grandi spazi che possiamo realizzare, contributi di gioia per le future generazioni”.

È il ruolo  attribuito all’architettura, e all’arte – nelle loro interconnessioni – da Steven Holl, grande architetto statunitense, autore di numerosi e celebri progetti realizzati a livello internazionale, soprattutto negli Stati Uniti, in Europa, in Estremo Oriente (Cina, Giappone, Corea del Sud): dall’ampliamento del Nelson-Atkins Museum of Art di Kansas City (2007) alla Simmons Hall del MIT a Cambridge, Massachusetts (2002), dalla iconica Y House, sulle Catskill Mountains (New York State, 1999) all’estensione del JFK Center for the Performing Arts di Washington D.C. (2019); e, ancora, dal Kiasma, museo d’arte contemporanea a Helsinki (1998), in Finlandia, al Reid Building per la Glasgow School of Art (2014), in Scozia; e dal Linked Hybrid (2009), tra i simboli della città di Pechino, al grattacielo orizzontale del Vanke Center a Shenzhen (2009).

L’architetto americano – docente alla Columbia University di New York dal 1981 – ha attraversato più di cinque decenni di storia e di trasformazioni nel campo architettonico, partendo dalla stagione degli anni ’70 negli Stati Uniti, passando per il parametricismo della prima decade del XXI secolo, fino alle ultime evoluzioni della progettazione digitale e hi-tech. Holl è stato alla Casa dell’Architettura – sede dell’Ordine degli Architetti P.P.C. di Roma e provincia – lo scorso giugno, in occasione di un evento in cui ha tenuto una lecture dal titolo Art drives Architecture, in cui ha messo in luce come arte e architettura siano “parti integranti tra loro”, ribadendo come – al tempo dell’intelligenza artificiale – resti saldo il suo legame con il disegno di architettura e come i suoi famosi acquerelli (di cui in queste pagine potete vedere alcuni esempi) siano il punto di partenza per i suoi progetti.

A – Steven Holl, Storefront for Art and Architecture, Watercolor concept sketch
B – Steven Holl, Aegean Horizon Kaplankaya Dense Pack, Watercolor concept sketch

AR MAGAZINE – I tuoi disegni di architettura, gli acquerelli che fai per pensare alle tue costruzioni, delineano un approccio legato allo spazio, ai colori, ai materiali, alle dinamiche formali con cui intendi rigenerare i luoghi attraverso l’architettura. Quanto è stato importante, fin dalla tua formazione, imparare le tecniche del disegno architettonico per progettare e cambiare il presente?

Steven Holl – Beh, io in realtà non ho imparato le tecniche del disegno di architettura: io sono nato con loro. Mio padre sapeva disegnare magnificamente e mio fratello è pittore e scultore. Quindi è stata una cosa naturale, come per qualcuno che ha una inclinazione innata per la musica. Ho disegnato per tutta la mia vita. Disegno ogni giorno. Anche questa mattina facevo disegni, acquarelli. Per me è un momento meraviglioso, espressivo, personale. Ogni edificio che realizzo inizia con questo tipo di disegni: alcuni non sono soddisfacenti e vengono scartati, ma ne faccio moltissimi. Lo ritengo un modo di pensare, nello spazio, nella luce e nel colore, con un’idea che guida il disegno e riesce a sintetizzare il tutto in un piccolo acquerello cinque per sette. È molto utile, inoltre! Da quando è stato inventato lo smartphone ho potuto scattarne una foto e inviarla ai miei uffici, a Pechino o a New York, in modo che diverse persone potessero vederla contemporaneamente e lavorarci sopra. Questo metodo è diventato una sorta di arma segreta, un modo reale e veloce di lavorare.

C – Steven Holl, Meander Housing, Watercolor concept sketch
D – Steven Holl, Prati di Tivo Piazza at Gran Sasso, Watercolor concept sketch

AR M – Arte e architettura sono capaci di costruire nuove relazioni spaziali?

S H – Sì, sono in grado di farlo. Nel senso che l’arte, nella sua essenza, è la creazione di qualcosa che non è mai stato visto prima. Essa ovviamente impara dal passato, quindi anche la storia è molto importante. Ma la creazione di qualcosa di nuovo è la cosa più emozionante. È questo il tipo di anti-entropia di cui parlo e penso che arte e architettura continueranno a offrircela in futuro. 

AR M – Cosa pensi delle immagini fatte con l’intelligenza artificiale?

S H – Ho sperimentato l’intelligenza artificiale. Abbiamo usato, ad esempio, un prompt in cui è stato chiesto di miscelare lo stile di Steven Holl e di Mies van der Rohe, e abbiamo ottenuto un sacco di immagini. È una cosa pazzesca: come ha detto Noam Chomsky, l’intelligenza artificiale è una macchina per il plagio. In realtà, penso che sia difficile al momento capire se potrà essere qualcosa di positivo. Vedremo. È semplicemente qualcosa che sta succedendo. E credo che, come le tecnologie del passato, dovremo attendere di vedere cosa può fare per noi.

E – Steven Holl, Ostrava Concert Hall, Watercolor concept sketch
F – Steven Holl, Arts Building West, University of Iowa, Watercolor concept sketch

AR M – Il passo lento del disegno, della pittura – con matite, china, pennelli – è ancora necessario per pensare e costruire le nostre città?

S H – Bisogna chiedersi: la lentezza del disegno – o della pittura – è ancora necessaria per pensare? Assolutamente sì. Credo che l’atto del pensare sia qualcosa che non possa succedere quando si cattura l’immagine da un computer. Ci sono studenti della mia scuola di specializzazione in architettura, alla Columbia University, che mi raccontano di essere stati in altri corsi dove prendono semplicemente immagini da internet, le incollano insieme e creano un disegno. Questo non è assolutamente paragonabile al pensare. Il pensiero richiede che il cervello, la mano, la mente, tutto lavori insieme. E non hai bisogno del linguaggio per pensare: un disegno può essere un pensiero senza parole. Anche se, personalmente, cerco sempre di mettere insieme le due cose. Al centro di tutto, però, c’è sempre il pensiero. Si può avere la sensazione che questa manipolazione digitale possa sostituire il pensare, e in alcuni casi forse lo ha fatto davvero. Ho visto alcuni edifici in cui mi sono detto: ecco, questi sono stati progettati interamente al computer, senza alcun altro ragionamento. Si tratta di esempi pessimi di progettazione, che spero spariscano presto.

G – Steven Holl, Terezin Ghetto Museum, Watercolor concept sketch
H – Steven Holl, Rubenstein Commons, Institute for Advanced Study, Watercolor concept sketch

Steven Holl
Architetto e Professore

Intervista di / Interview by
Marco Maria Sambo e Francesco Nariello

per / for AR MAGAZINE

[Intervista pubblicata nel nuovo numero doppio della rivista ufficiale dell’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia: 𝗔𝗥 𝗠𝗮𝗴𝗮𝘇𝗶𝗻𝗲 𝟭𝟮𝟵-𝟭𝟯𝟬 / “𝗗𝗮𝗹 𝗱𝗶𝘀𝗲𝗴𝗻𝗼 𝗮𝗹 𝗺𝗲𝘁𝗮𝘃𝗲𝗿𝘀𝗼. 𝗔𝗿𝗰𝗵𝗶𝘁𝗲𝘁𝘁𝘂𝗿𝗲 𝗶𝗺𝗺𝗮𝗴𝗶𝗻𝗮𝘁𝗲, 𝘀𝗰𝗿𝗶𝘁𝘁𝘂𝗿𝗲, 𝗹𝗶𝗻𝗴𝘂𝗮𝗴𝗴𝗶 𝗮𝗿𝘁𝗶𝗳𝗶𝗰𝗶𝗮𝗹𝗶”]

Visual editing: Giuseppe Felici

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