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Paesaggio
14 Ottobre 2019

Coltivare le città, stabilire relazioni, riconquistare gli spazi pubblici

Le riflessioni del paesaggista Andreas Kipar con l’economista Davide Marino, la lecture di Pedro Campos Costa, gli esempi concreti di valorizzazione del patrimonio della Difesa nella giornata di Spam dedicata alle Nature Urbane

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Trasformare il territorio con una attenzione sempre maggiore alla “scala umana”. Coltivare le città puntando a stabilire e rafforzare relazioni e connessioni. Ripensare i paesaggi urbani, riconquistando lo spazio pubblico. Il tema delle Nature Urbane, al centro della seconda giornata di Spam, ha stimolato le riflessioni dei protagonisti della sessione pomeridiana: dalle considerazioni di Andreas Kipar, architetto paesaggista fondatore di LAND – arricchite, nell’incontro 1 vs 1 (moderato da Simona Maggiorelli, direttore Left), dal confronto di idee con Davide Marino, docente universitario ed economista ambientale – alla lecture di Pedro Campos Costa – Campos Costa Arquitectos -, fino agli esempi concreti sulla valorizzazione di un patrimonio “nascosto”, come quello della Difesa, che può diventare occasione per i territori.

Kipar: Ripensare i paesaggi urbani

“Il paesaggio siamo noi – ha detto Andreas Kipar nel suo intervento “senza filtri” -. Prima di costruire bisogna coltivare. Il nuovo umanesimo, più che nel realizzare edifici, sarà nel coltivare relazioni. In ottica ambientale, culturale, paesaggistica. E’ necessario riconsiderare la città attraverso lo spazio pubblico, riconquistare una lettura del territorio cittadino come paesaggio urbano, capace di rispondere alla nostra esigenza più urgente: dare una risposta ai cambiamenti in atto, ambientali ma non solo. Ciò potrà avvenire solo attraverso il potenziamento e il risveglio di una consapevolezza”. Concetto chiave è quello di identità “legata all’autenticità, a un paesaggio produttivo fertile e allo stesso tempo coesivo all’interno della società che lo produce”.

Per cambiare davvero marcia, però, ha aggiunto l’architetto paesaggista, “occorre una strategia per relazionarsi con la natura urbana. Tanto più urgente in Italia, territorio fragile e sottoposto a rischio idrogeologico”. La consapevolezza a livello personale deve andare di pari passo con quella a livello istituzionale. E invece, “c’è una totale latitanza del pubblico. Non si fanno più piani, non ci sono più impegni. Copenhagen ha fatto un programma sul climate change da 500 milioni di euro. Qui non si fa: non c’è commitment, non c’è idea del futuro”. E gli architetti? “Dobbiamo lasciare i nostri studi e andare fuori a guardare, capire – afferma Kipar – No all’esercizio stilistico e si salvi chi può dagli architetti che scoprono soltanto adesso il countryside”. Roma, in particolare, secondo il socio fondatore di Land Srl ha una grande occasione: “Potersi candidare a Capitale della biodiversità, non dei buchi e dei disfunzionamenti. L’agro romano è già un sistema di ‘arcipelaghi’ che si connettono alle centralità. Bisogna impegnarsi e progettare per sfruttare questa occasione”, anche considerando che “il paesaggio ha una dimensione economicamente valida, non produce solo cibo o foreste, ma anche menti sane”.

Marino: Paesaggio e economia

Sulla stessa linea Davide Marino, che ha rimarcato come “intervenire sul paesaggio abbia un impatto economico rilevante. Curare il territorio a scala micro ha bisogno di molta manodopera qualificata. C’è impatto economico positivo. Si spostano i redditi sull’ambito locale”. Il paesaggio, ha proseguito l’economista ambientale, “evolve e supera ogni problema grazie ad adattamento e resilienza. Non possiamo affrontare il tema di città e natura se non facciamo un ragionamento di scala. Per parlare di nature urbane si deve partire da una scala globale, facendo i conti con fenomeni come cambiamento climatico e perdita di biodiversità che influenzeranno la vita, oggi e soprattutto domani”.

Poi, stringendo nuovamente l’inquadratura del ragionamento, Marino ha ribadito come Roma “può essere un laboratorio eccezionale. E’ circondata da aree verdi ricche di biodiversità, dove l’aggressione uomo non è stata sempre così distruttiva. E’ al centro di una rete formata dal sistema capitolino di aree verdi, i parchi regionali, l’area litoranea. Roma ha tanto, ma nulla è messo a sistema. Occorre una tutela attiva dei terreni, non limitata a giardini o orti urbani. Il vero rischio è l’abbandono”. Un esempio virtuoso portato: il parco agricolo di Casal del Marmo.

Campos Costa: Progettare alla scala umana

A tenere la lecture di giornata – oltre a partecipare alla conversazione informale del Caffè con… insieme a Gianni Massa, vicepresidente Cni – è stato Pedro Campos Costa, di Campos Costa Arquitectos. “Gli architetti devono progettare per le persone – ha osservato il progettista portoghese -: l’attenzione alla scala umana è fondamentale. Le città sono fatte di persone e l’architettura dovrebbe entrare in connessione con loro. Deve essere capace di interpretare le richieste, di trovare una sintesi. Amo la versatilità dell’architetto, la capacità di disegnare dalle piccole cose alle grandi aree urbane”.

Spostando la riflessione sul piano della professione, Campos Costa ha precisato: “Il motivo per cui facciamo architettura è trasformare. Immagino due pagine di uno stesso libro aperto: in una c’è la disciplina, nell’altra la pratica. La prima è forma, lente, interpretazione; l’altra è braccio armato che trasforma tale capacità. L’architettura, però, deve evitare di diventare troppo specializzata: molti architetti professionisti si stanno sempre più specializzando su un solo tipo di programma o di lavoro: negozi, ospedali, shopping center, piani regolatori. Il nostro studio non lo fa, lavoriamo a tutte le scale. Chiudere la visione dell’architettura riduce di molto la sua grandezza”. L’architetto portoghese ha raccontato alcuni progetti realizzati: dal Consolato Generale del Portogallo a Rio de Janeiro, in Brasile (“l’obiettivo, qui, era fare in modo che l’edificio fosse estensione del paesaggio”, ha detto) all’Ozadi Tavira Hotel, fino all’Edificio do Mar a Lisbona e al Parco Urbano Arruda dos Vinhos, in Portogallo.

Ex Caserme: un’opportunità di valorizzazione

A portare interessanti esempi di valorizzazione e, in alcuni casi, apertura alla fruizione pubblica di un patrimonio immobiliare con un forte potenziale green e capace di cambiare il paesaggio urbano – è stato Giancarlo Gambardella, alla guida della “task force” per la valorizzazione e dismissione degli immobili non residenziali della Difesa. “La razionalizzazione delle Caserme è una vera occasione per i territori”, ha detto, illustrando operazioni di valorizzazione a Torino (concorso riqualificazione Caserma “Riberi”), Milano, Napoli, Taranto, Venezia, Roma. “Dal 2014, anno in cui è iniziata l’azione della task force – ha spiegato -, abbiamo ottenuto 25 varianti urbanistiche e siglato 34 protocolli di intesa con ministeri, agenzia del Demanio, Comuni”. (FN)

Redazione OAR

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