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Architettura
28 Febbraio 2020

Riscoperta l’architettura come disciplina. Appuntamento dal 23 maggio in Laguna

How Will We Live Together? Si scaldano i motori per la 17. Biennale di Venezia.

Di Redazione OAR

Tutto pronto per la 17. Mostra Internazionale di Architettura che andrà in scena dal 23 maggio al 29 novembre 2020 ai Giardini e all’Arsenale di Venezia.

Il filo conduttore sarà #HowWillWeLiveTogether, un tema di grande attualità che il curatore Hashim Sarkis commenta così: “Il mondo sta lanciando nuove sfide all’architettura. Sono onorato di lavorare con architetti provenienti da tutto il mondo per immaginare insieme come affrontarle”.

Sono 114 i partecipanti provenienti da 46 paesi (con maggior rappresentanza di Africa, America Latina ed Asia).

Ben 63 partecipazioni nazionali per una manifestazione che il Presidente Paolo Baratta, giunto alla sua nona ed ultima edizione, giudica ormai adulta, dopo anni di continuità.

“Negli anni si sono succeduti diversi curatori. Ognuno ha adottato un punto di vista con una particolare intensità e ha indagato da quel punto di osservazione l’architettura – spiega – anni fa c’era chi sosteneva esistessero ormai solo architetti con geni creativi. Ora abbiamo riscoperto l’architettura come disciplina”.

Così la Biennale è divenuta occasione di indagine del rapporto tra architettura e responsabilità civile.

Ci si è interrogarsi sulla capacità della società di interpretare correttamente i suoi bisogni e quindi di esprimere quella domanda di architettura come sarebbe auspicabile in una dimensione moderna. Perché i progettisti hanno bisogni di committenti consapevoli per potersi esprimere al meglio.

Proprio questo indissolubile connubio dell’architettura con il tempo in cui è inserita fa sì che essa sia una disciplina con vantaggi sociali, che “rende gli individui consapevoli delle conseguenze dirette delle proprie azioni e di ciò che accade intorno – come osserva Baratta – Da consumatori ci fa cittadini, ci dona la possibilità di considerare il welfare più evoluto e compiuto, ci aiuta a conservare le risorse e a darci un briciolo di felicità”.

Il titolo di quest’anno è una domanda aperta che Hashim Sarkis spiega analizzando le parole che la compongono.

HOW – per indicare la ricerca di una soluzione concreta.

WILL – per proiettare la visione nel futuro attraverso la potenza dell’architettura.

WE – per includere tutti.

LIVE – per non limitarsi ad esistere, ma per esprimere vita insieme.

TOGETHER – per condividere valori universali.

IL PUNTO INTERROGATIVO – Per lasciare la domanda aperta ad una molteplicità di soluzioni e pluralità di risposte nell’architettura.

“Abbiamo bisogno di un nuovo contratto spaziale – ha dichiarato il curatore – tra divisioni politiche e crescenti disuguaglianze economiche, invitiamo gli architetti a immaginare spazi in cui possiamo generosamente vivere insieme. La Biennale Architettura 2020 afferma il ruolo vitale dell’architetto sia come convivente cordiale che come custode del contratto spaziale”.

La Biennale dunque avrà un impianto strettamente legato allo sguardo dilatato del curatore, che attraverso il suo impegno interdisciplinare accompagnerà all’interno della manifestazione, chiamando il pubblico a farsi visitatore attento nella rilevazione di problemi, ma sempre alla ricerca di soluzioni possibili.

Insieme come essere umani nonostante un’individualità dilagante, insieme come famiglie che devono coabitare, insieme come comunità che richiedono equità ed inclusione, insieme oltre i confini politici e, non da ultimo, insieme come pianeta in sofferenza.

Solo così si può diffondere il desiderio di fare ed essere architettura.

(GV)

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