50 ANNI DI PROFESSIONE

Vella Gabriele
Vella Gabriele
Velli Gabriele

Gabriele Vella nasce a Roma il 16 settembre 1937 e si laurea alla Facoltà di Architettura dell’Università di Roma “Sapienza” nel 1962; nello stesso anno consegue l’abilitazione all’esercizio della professione iscrivendosi, nel 1963, all’Albo dall’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia con la matricola n. 1507.

“Da grande farò l’architetto.
Era il 1948, inizio scuola media, avevo 11 anni.
Oggi, dopo più di mezzo secolo di onorata (sic) professione posso dire di essere stato molto fortunato! E ciò lo dico prescindendo da ambizioni narcisistiche di notorietà che più volte hanno fatto capolino nello svolgimento dell’attività professionale e poi mai realizzate; infatti ho quasi sempre lavorato come collaboratore e raramente in prima persona.
Ma allora, perché considerarmi fortunato?
Perché con questa scelta, del resto non del tutto libera, ho fatto con continuità molta esperienza sul ‘pezzo’ riducendo notevolmente le relazioni interpersonali con la Committenza per me piuttosto fastidiose e non congeniali. Con ciò riconoscendo in me un carattere difficile e anche un po’ snob e concedendomi un lusso, non so quanto legittimo, che però ho pagato con molta fatica e con dolori vari (chiedere conferma alla mia schiena) dato che ai miei tempi si usava il tecnigrafo.
Ho quindi potuto spaziare un po’ dovunque negli ambiti della progettazione e devo dire anche con libertà e fiducia da parte del titolare dello Studio, convincendomi sempre più della necessità di disegnare, disegnare e ancora disegnare per giungere alla chiarezza della forma. Così, disegnando, ho imparato a disegnare.”.

Il suo cinquantennio di attività professionale può considerarsi composto di quattro cicli temporali, contraddistinti da caratteristiche particolari.

Gli anni ‘60, di prima formazione, sono caratterizzati da studi quasi sempre di carattere esecutivo, grazie ai quali emerge l’importanza ed anche il godimento nella definizione di dettagli, specie di infissi. Sempre presente è l’esempio dei disegni dell’architetto Mario Ridolfi, grazie ai quali emerge il valore estetico che le tavole acquisiscono per se stesse. E attenzione per i dettagli emerge dal lavoro grafico condotto nel 1963 per il Ministero della Pubblica Istruzione per la redazione degli standard edilizi della nuova scuola dell’obbligo e che Bruno Zevi ha modo di apprezzare “per l’intelligenza descrittiva” in un articolo apparso sull’Espresso lo stesso anno.
Ha l’occasione, inoltre, di frequentare sia pure indirettamente, colleghi un po’ più anziani che ancora gravitano intorno allo Studio internazionale dell’architetto Walter Gropius che, con sede a Roma, stava terminando lo sviluppo esecutivo dell’Università di Baghdad. La loro esperienza di progettazione secondo la metodologia americana rappresenta un contributo non indifferente alla sua maturazione professionale.
Di questi anni è anche un primo approccio “reverenziale” all’urbanistica; reverenziale perché la materia sembra sfuggente, vaga e per lui incontrollabile: non vi è ancora una ben precisa definizione normativa, complessa e vincolante, come invece avvenne negli anni successivi ad iniziare dalla “legge ponte”. Si presenta quindi l’occasione di contribuire all’elaborazione del Piano per la zona di espansione prevista dal Piano Regolatore Generale di Taormina, per il quale, con Alberto Gatti, elabora un progetto che manifesta un chiaro ed utopico riferimento agli studi dell’architetto Jacob B. Bakema.

Gli anni ‘70 e ‘80 sono giudicati “un ventennio esaltante”, con occasioni di progettazioni le più varie come le lottizzazioni convenzionate e le ville in Sardegna, gli alberghi Sheraton a Colonia, Berlino, Parigi ed Emirati Arabi, gli ospedali a Roma, Arabia Saudita e San Salvador. Il confronto con la tipologia alberghiera fa emergere quanto ferree e vincolanti siano le esigenze distributive e funzionali per la gestione economica e quanto gli schemi di progettazione americani non permettano troppe variazioni arbitrarie sul tema; mentre ad affrontare il tema dell’edilizia ospedaliera si prepara anche conseguendo la specializzazione all’Istituto Superiore di Sanità fin dal 1970.
Negli stessi anni si confronta con gli appalti-concorso per il Mercato dei Fiori a Roma e per il Ministero del Turismo in Baghdad; nonché con la progettazione di edifici strettamente tecnologici quali impianti di sollevamento e di depurazione delle acque. A questi ultimi cerca, sempre e “con successo”, di dare una veste architettonica qualificante ad un tema estremamente tecnico e necessitato.

Gli anni ‘90 sono segnati dall’esperienza, del tutto nuova, di contatti diretti con le Amministrazioni pubbliche; la lotta è piuttosto dura e le difficoltà non indifferenti, anche perché costantemente messo alla prova da quegli aspetti relazionali non proprio congeniali alla sua personalità. Nonostante la Pubblica Amministrazione si manifesti incomprensibile, “un muro di gomma, spesso inutile, qualcosa da riformare assolutamente” e quegli anni non siano entusiasmanti, porta a termine gli incarichi con l’impegno ed il rigore di sempre.
Sono di questo periodo il restauro e l’adeguamento normativo della Casina dei Vallati in Roma, gli edifici passeggeri di Acerra e Regi Lagni per conto delle Ferrovie dello Stato e una scuola elementare nel Comune di S. Anastasia (Napoli).
Positivo è invece il ricordo della progettazione esecutiva del Centro Agroalimentare di Guidonia, struttura in gran parte eseguita con l’ausilio di un’eccellente sistema di prefabbricazione, che richiede un intenso studio di interpretazione e un’attenta applicazione.

Con l’arrivo del nuovo millennio “tutto cambia e in maniera imprevedibile.”.
Le vecchie collaborazioni, tanto cercate e coccolate, finiscono, o per fisiologica stanchezza relazionale o, peggio, per qualche doloroso addio dovuto alle leggi ineluttabili della natura; inoltre l’uso del computer è ormai diventato un must.
“Profonda crisi quindi!!! Ma l’adagio ‘necessità fa virtù’ mi fece necessariamente virtuoso.”.
Ormai ultrasessantenne accetta la veste di titolare e impara l’uso del computer; prende alle proprie dipendenze alcuni giovani e validi architetti e affronta la progettazione esecutiva di due importanti interventi al Centro commerciale della Bufalotta in Roma. Lavoro ritenuto poco esaltante, ma utile e formativo per la conoscenza di una realtà lavorativa fino a quel momento molto poco frequentata.
Non troppo soddisfatto per il rapporto interpersonale avuto con la Committenza, una volta terminato l’impegno durato alcuni anni, cerca di ricrearsi un habitat più congeniale trovandolo, in prima battuta, nel proporre una sorta di joint-venture per la realizzazione di un Polo scolastico, culturale e ricreativo nel Comune di Morlupo (Roma), poi con la realizzazione di una villa e, infine, con la trasformazione di edifici agricoli in sede per attività ricettive nella campagna sabina.
Essendoci ancora spazio per esprimere passione e fantasia punta sul concorso internazionale per il completamento del Liceo Scientifico Farnesina in Roma, partendo con la forte speranza in un successo che giudica alla sua portata; sensazione puntualmente vanificata, ma lavoro affrontato con passione ed impegno. Come reazione alla delusione, a stretto giro di tempo, affronta un altro concorso internazionale: la progettazione di un asilo nido per i figli dei dipendenti della Regione Lazio. In questo caso non pensa minimamente ad un successo, anzi non si interessa nemmeno a conoscerne il risultato, tanto più che già il bando infatti aveva suscitato qualche dubbio.

Tutta questa attività è sempre integrata da viste prospettiche del tema progettuale; prospettive alquanto apprezzate, che rendono immediatamente comprensibile il tema ai non addetti ai lavori, particolarmente quando, con l’affermazione del rendering ormai imperante, in qualche modo fungono da succedaneo, alquanto più economico e rapido.

“Questo è il resoconto, quasi una confessione onesta e trasparente del mio atteggiamento mentale nell’espletare la mia corposa e intensa attività professionale. Penso che la mia asserzione all’inizio del resoconto sia facilmente condivisibile da chiunque: in verità sono stato molto fortunato.
Forse non altrettanto riguardo agli onorari, ma comunque … Va bene così!”.

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