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Architettura
12 Ottobre 2020

Spam Living & Transition. Patricia Viel: Nuovi standard qualitativi e multidisciplinarità per progettare la città che cambia

di Redazione OAR

Le città in transizione – dai luoghi di lavoro agli spazi abitativi, dalla capacità di accoglienza (non solo turistica) alla valorizzazione del paesaggio urbano – è stata al centro della giornata tematica di Spam dell’11 ottobre, dedicata al tema Living & Transition. La sessione pomeridiana è culminata della lecture di Patricia Viel, che ha fotografato a tutto tondo il cambiamento di prospettive e parametri che investe il mondo del progetto e delle costruzioni, sia in termini di competenze professionali che di richieste del mercato. Ma non sono mancati gli appuntamenti in cui si è discusso altri temi connessi al futuro delle città, dal turismo all’impatto dello smart working, con focus specifici su Roma.

Viel: Cogliere la spinta al rinnovamento, anche per l’approccio al progetto

Per descrivere il cambiamento di visione in corso, Patricia Viel, co-fondatrice di Antonio Citterio Patricia Viel (ACPV), studio numero uno in Italia per fatturato, attivo nei settori dell’architettura, dell’interior design e del design urbano, parte – pur nella consapevolezza che la transizione abbia radici più profonde – dalla riflessione sulla rivoluzione generata dall’emergenza epidemiologica da Covid19. «Un evento come quello che abbiamo vissuto – afferma – è, senza mezzi termini, una catastrofe. La quale, tuttavia, può essere portatrice di grande energia di rinnovamento perché mette in crisi tutto quello che sappiamo. Sotto questo aspetto, è un’opportunità che va colta. Dobbiamo ricominciare a studiare, a comprendere davvero quali sono i nostri bisogni. Come siamo cambiati, come sono cambiate le nostre comunità, le relazioni di forza al loro interno e dentro la nostra economia. Quali sono i veri indicatori che ci dicono se stiamo bene o male? Il progetto di architettura e il progetto della città sono al centro di tutto questo, ma lo potranno essere davvero solo se saranno multidisciplinari e avranno l’umiltà di studiare attentamente i contesti ai quali si applicano».

Tra i progetti più recenti dello studio, alcuni dei quali raccontati nel corso della lecture, il completamento della sede Fastweb all’interno del masterplan per il business district di Symbiosis, a Milano – su cui Viel si è soffermata a lungo per spiegare le nuove «dinamiche» per la progettazione -, ma anche la riqualificazione San Babila per Goldman Sachs, sempre nel capoluogo lombardo. A Roma c’è invece la recente acquisizione della commessa per il Bvlgari Hotel. «Quando si costruisce un edificio – osserva Viel – bisogna pensare che starà lì, minimo, per i prossimi 50 anni: ecco perché il concetto di nuovi standard qualitativi devono entrare nella pratica di tutti gli architetti, ma anche essere compresi dalla committenza. Costruire, oggi,  pensando che sia un’operazione economicamente efficiente, rientra in una dinamica superata: non è più sufficiente. Devono essere trovati modelli attraverso cui un edifico generi risorse che non siano quantificabili solo nella redditività del metro quadro. I grandi investitori cominceranno a scegliere progetti in questo modo». In quest’ottica si inseriscono concetti come l’edificio-città e la molteplicità degli usi, soprattutto in riferimento ai luoghi di lavoro (caratterizzati da una crescente complessità) e la necessaria «capacità di adattamento all’ambiente e ai fenomeni urbani».

Infine, da parte della cofondatrice dello studio ACPV, un breve accenno alla situazione di Roma, «che è la città in Europa che contiene più arte, cultura, paesaggio», osserva Viel, che aggiunge: «Non è facile pianificare per Roma un’identità diversa. Probabilmente le manca un po’ di coerenza. Per essere la ‘città-paesaggio‘ che è dovrebbe essere più pedonale, i suoi spazi aperti dovrebbero essere più accoglienti e più utilizzati, molte cose che si svolgono al chiuso potrebbero accadere all’aperto».

Gli elementi della transizione: dal turismo diffuso all’impatto dello smart working. Focus su Roma

L’avvio del pomeriggio, con lo spazio del Caffè con…, è iniziato con le riflessioni di Flavio Mangione, presidente dell’Ordine degli Architetti di Roma che ha subito rimarcato come «occorra un progetto per la Capitale: Roma non è una città come le altre – ha detto -. Serve una strategia specifica». Poi il ragionamento, in linea con il tema di giornata, si è spostato, tra l’altro, sul turismo. «Affitti brevi e B&B – ha sottolineato il presidente – hanno diffuso su tutto il territorio della città una realtà ricettiva in evoluzione. Quasi tutte le grandi città lavorano più in funzione di questa nuova logica: non viene vissuto più solo il centro storico, quella parte della città in cui venivano costruiti gli alberghi (con una qualità architettonica che caratterizzava gli ambiti urbani), ma si vive tutta la città diffusa». Oggi, ha concluso Mangione, «avremmo bisogno di un corso di architettura dedicato alla città ordinaria».

Si è restati in tema turismo anche nello spazio dedicato ai Confronti, con Sarah Gainsforth, esperta di impatti del turismo sulle città, che si è chiesta: «Cosa succederà, in assenza di regolamentazione sugli affitti brevi, quando il turismo ripartirà nel post Covid19? Quanti proprietari di case decideranno di affittare ai turisti piuttosto che a inquilini, in una generale situazione di impoverimento?».

Ad ampliare lo sguardo sul «vivere la città» è stato Francesco Aymonino, della Commissione Cultura Casa dell’Architettura: «Oggi i vuoti urbani – si pensi anche solo ai cortili condominiali durante il lockdown – rappresentano un tema centrale – ha detto -. Sempre di più bisogna tornare a progettare questi spazi di relazione intermedi perché possono costruire la qualità anche in luoghi dove il degrado urbano è ancora pesante».

Il Focus Urban, moderato da Gianni Massa, ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Domenico De Masi, sociologo e professore emerito di Sociologia del lavoro alla Sapienza, che ha focalizzato la proprio attenzione sopratutto sulla portata rivoluzionaria – in modo particolare per gli equilibri urbani – del crescente ricorso allo smart working. «Si presenta un’occasione straordinaria per un nuovo incontro tra sociologia e architettura. A mio avviso, potrebbe essere un momento magico per gli architetti perché assistiamo a una rivoluzione epocale connessa al telelavoro, che è stata molto lenta negli ultimi due decenni e che il Coronavirus ha accelerato in modo imprevisto». Ai progettisti, dunque, spetterà il compito di indirizzare il cambiamento, dando forma e spazio alle nuove esigenze.

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(FN)

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