Una visione dell’architettura intesa come forma viva e dinamica, di mediazione della complessità. Con il racconto – attraverso parole e immagini – di una pratica progettuale che rifugge ogni standardizzazione, dove ogni opera nasce come risposta unica a condizioni ambientali, storiche e sociali irripetibili. Sono alcune delle suggestioni emerse dall’incontro con l’architetto Dong Gong, fondatore (nel 2008) dello studio Vector Architects, con base a Pechino, in Cina, ospite alla Casa dell’Architettura per un nuovo appuntamento del ciclo di incontri «Conversazioni sulla pratica del progetto» (LINK) – organizzato dall’Ordine degli Architetti di Roma e a cura della consigliera OAR Claudia Ricciardi -, che si è svolto lo scorso 5 maggio, in questo caso nell’ambito del programma del Rebirth Forum (qui per saperne di più LINK). L’architetto cinese – seguendo il format degli eventi dedicati agli studi internazionali – ha tenuto una lecture in cui ha illustrato alcuni dei progetti iconici dello studio – dalla Captain’s House alla Seashore Library, dalla Chapel of Sound e l’Alila Yangshuo Hotel, mostrando come oggi, in un tempo segnato da crisi climatiche e picchi di urbanizzazione, la riflessione dell’architetto sia ancora più urgente e come «costruire significhi non solo intervenire sullo spazio, ma anche prendersi cura di ciò che rende l’architettura capace di ispirare, connettere e resistere nel tempo». L’evento si è concluso, come di consueto, con il dialogo critico tra l’ospite di giornata e un giovane professionista e ricercatore: la conversazione con Dong Gong è stata animata da Jacopo Costanzo, architetto dello studio War / Warehouse of Architecture and Research, dottore di ricerca alla Sapienza e docente allo Ied.
L’intervista a Dong Gong
«Penso che una buona architettura svolga il ruolo di mediazione tra diversi fattori. L’architettura – in particolare – deve essere reattiva, deve rispondere, piuttosto che essere un oggetto privo di vita», ha ribadito Dong Gong nella video intervista rilasciata all’OAR e nel corso della sua lecture in cui ha illustrato alcune delle opere principali di Vector Architects – che spaziano tra paesaggi costieri, rurali e urbani – incentrate su una visione dell’architettura come gesto empatico e profondamente connesso al luogo.
Qui la video intervista a Dong Gong e a seguire la sua versione testuale
Dalla Seashore Library alla Chapel of Sound, fino alla Captain’s House: quali lezioni ha appreso lavorando in ambienti così diversi – dalle aree costiere ai paesaggi rurali?
Questo è il principio fondamentale del pensiero progettuale di Vector Architects. Ogni progetto ha condizioni specifiche, uniche. Quindi l’architettura deve sempre essere rispettosa di queste condizioni. Ma l’architetto deve dedicare molto tempo ed energia a questo processo di progettazione reattiva. Manteniamo ancora uno studio a Pechino, ma per ogni progetto inviamo un architetto in loco, sul posto, sin dall’inizio della costruzione, e letteralmente l’architetto lavora insieme alla squadra di costruzione. Credo che continueremo sempre a farlo, perché questo rappresenta il valore fondamentale dell’architettura secondo Vector Architects. Alla fine, la qualità essenziale dell’architettura si basa sull’edificio, sull’atto di costruire
Nel progetto dell’Alila Yangshuo Hotel, avete trasformato un vecchio zuccherificio in un resort contemporaneo. Qual è stata la principale sfida nel lavorare con una struttura industriale preesistente?
La parte più impegnativa del progetto di Yangshuo è stata la gestione del rapporto tra il nuovo e l’esistente. Da un lato, dovevamo assicurarci che la struttura originale, la fabbrica, continuasse ad essere la figura dominante, il fulcro spirituale dell’intero complesso. Ma la nuova architettura doveva comunque rispondere a questo meccanismo progettuale. Alla fine, siamo arrivati all’idea progettuale che la materialità fosse l’elemento più importante per costruire questa relazione armonica, ma allo stesso tempo per introdurre una nuova essenza nel progetto, grazie, ad esempio, alla tecnica inventata del blocco cavo in calcestruzzo. È tutto.
Che tipo di architettura ritiene sia necessaria per affrontare le grandi sfide contemporanee, come la crisi climatica o l’eccessiva urbanizzazione?
Penso che, ovviamente, l’architetto e il design debbano rispondere a questioni come la crisi climatica. Questa è una parte del nostro compito: gli architetti devono avere questa consapevolezza e impegnarsi per raggiungere questi obiettivi. Ma ciò che vorrei sottolineare è di non dimenticare mai che esiste un’altra parte dell’architettura, che ha a che fare con lo spirito. Qualcosa di difficile da verbalizzare, da descrivere con dati scientifici, ma che rappresenta il significato interno dell’architettura. Penso quindi che una buona architettura riesca sempre a trovare un buon equilibrio tra queste due dimensioni.
Il dialogo critico con Jacopo Costanzo
A chiudere l’incontro, come detto, è stato il dialogo critico con Jacopo Costanzo, architetto dello studio War / Warehouse of Architecture and Research, dottore di ricerca alla Sapienza e docente allo Ied.
Qui la video riflessione di Jacopo Costanzo
Il confronto, spiega Costanzo, «ha riguardato principalmente il ruolo fertile che l’architettura cinese sta assumendo sulla scena internazionale. Un ruolo testimoniato anche da due riconoscimenti prestigiosi come il Pritzker Prize ottenuti negli ultimi vent’anni, e da una strategia culturale e politica che appare radicalmente mutata rispetto al passato. Se prima il sistema cinese preferiva invitare grandi star internazionali, oggi sembra voler coltivare una generazione autonoma di architetti capaci di lasciare il segno». È stato poi esplorato «cosa significhi progettare in un Paese che può essere considerato un vero e proprio continente, attraversato da scenari estremamente eterogenei: dall’ambito metropolitano – spesso alla scala della megalopoli – ai piccoli villaggi rurali, fino a paesaggi straordinari, immersi nella natura, tra montagne suggestive o lungo la costa», mettendo in luce «la capacità dello studio di Vector Architects di definire un linguaggio architettonico coerente all’interno di questa complessità». La visione dello studio cinese, rimarca l’architetto e dottore di ricerca, nasce in Cina, «ma si è formato anche attraverso esperienze accademiche negli Stati Uniti. Si è fatto riferimento, in particolare, a figure come John Hejduk, Alvar Aalto, e al peso specifico che queste personalità hanno avuto nel percorso di Dong Gong». A chiusura, una rilfessione sui materiali: «È apparso evidente che la capacità di affrontare contesti diversi, che contraddistingue la produzione di Vector Architects, derivi anche da una profonda ricerca e sperimentazione sui materiali». (FN)