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Architettura
13 Maggio 2024

La palazzina romana: un’opportunità per l’architettura contemporanea

Il predominio assoluto nel tessuto edilizio della Capitale rende la palazzina, una tipologia di primario interesse architettonico, soprattutto alla luce delle pulsioni di trasformazione, riuso e rigenerazione che profondamente permeano il dibattito architettonico attuale.

Da qui l’evento la “Palazzina Romana | Restauro e reinterpretazione in chiave contemporanea”, organizzato alla Casa dell’Architettura sotto il coordinamento scientifico di Lorenzo Busnengo | Consigliere OAR e Marco Maria Sambo | Segretario OAR, Direttore AR Magazine e Coordinatore Osservatorio 900, in collaborazione con il percorso formativo Storia e Critica, curato da Emma Tagliacollo.

“E’ il secondo appuntamento del ciclo sulla Città Storica della Casa dell’Architettura, dopo quello sul Mattatoio e prima di quello Via Giulia – osserva Lorenzo Busnengo – E’ un dialogo aperto con la città rivolto non solo agli addetti ai lavori, ovvero agli architetti, ma a tutte le forze sociali, imprenditori e cittadini. Il voler approfondire la palazzina romana, tipologia prettamente romana introdotta dal PRG del 1931, nasce dalla convinzione che sia un archetipo con cui si sono confrontati i grandi Maestri del ‘900. Ha donato riconoscibilità alla Città Storica, conformandone l’assetto urbanistico e l’immagine visiva. Pensiamo ai Parioli o all’Eur ed alle strade con distacchi, ai giardini ai piani terra, ai lotti permeabili”.

La ricerca architettonica sulla palazzina nasce da lontano.

In un’Italia degli anni ’50 dedita alla ricostruzione, immersa nel boom economico e soggetta ad un incremento demografico importante, la soluzione abitativa cerca un’evoluzione del villino tipico della Roma postunitaria del 1800 per rispondere alle nuove esigenze abitative, senza tuttavia incappare, almeno inizialmente, nell’impersonalità dell’intensivo.

La palazzina diventa uno status symbol quasi a ingentilire la villa plurifamiliare: è l’alloggio borghese per eccellenza, che mostra il prestigio sociale acquisito a partire dal dopoguerra.

Nonostante la perplessità che molti hanno mostrato nei confronti di questa tipologia edilizia, da Insolera che in Roma Moderna scriverà la parola palazzina sempre in corsivo perché simbolo della rendita fondiaria a Pellegrini che le cancellerà dal suo curriculum, ci sono esempi di profonda innovazione e raffinato disegno, da cui si ha molto da imparare.

Moretti, Piacentini, Aschieri, Capponi, Ridolfi, Zevi, Libera, ma anche Monaco, Luccichenti, Ventura, Lafuente: tutti grandi nomi che hanno dato risposte concrete alla modalità abitativa dell’epoca, introducendo la divisione tra zona giorno e notte all’interno degli appartamenti e rendendo gli atri curati capolavori, decorati da sapienti artigiani.

Il lessico diviene molto vario, richiamando il brutalismo di Berarducci, l’animo wrightiano di Pellegrin, l’indole lecorbusieriana di Monaco e Luccichenti, il proto decostruttivismo di Moretti. Hanno saputo destreggiarsi con ingegno tra i freddi vincoli di regolamenti edilizi e grandezze urbanistiche, lavorando anche sui dettagli concepiti come firme d’autore dai progettisti.

“La palazzina romana, che per tanti anni ha suscitato distanze, quasi a sottolineare un distacco culturale, riserva, invece, una produzione di alto livello con diverse sorprese architettoniche. L’evoluzione di questa tipologia edilizia diviene chiara attraverso 60 anni di storia del nostro studio”, osserva Fabrizio Capolei | Studio 3C + t.

“Dalla costruzione di palazzine per famiglie ricche si è approdati ad una quantità enorme di costruzione, che negli anni ’80 e ’90 diventano comprensori – racconta Fabrizio Capolei – Nella prima decade degli anni 2000, le riviste di architettura hanno invece orientato il gusto della committenza, spostandolo su fabbricati disegnati e pensati, caratterizzati da un certo grado di eleganza. Anche l’uso dei materiali varia nel tempo: dall’intonaco che poi si è scoperto fragile nella conservazione, al cemento a faccia vista difficilmente restaurabile, fino alla rassicurante e meno delicata cortina che caratterizza questa tipologia fino ai giorni nostri. La palazzina diventa un must che surclassa le costruzioni isolate”.

E’ l’evoluzione della palazzina ad aver creato non pochi disagi urbani, quando ripetitività e speculazione hanno fagocitato la qualità architettonica dei progettisti, azzerando ogni possibile ricerca sulle soluzioni di facciata, d’angolo, d’affaccio, di planimetria. Con il tempo, infatti, la palazzina si fa palazzone, pronto a inghiottire paesaggio e rompere i confini dell’urbano a scapito della campagna.

Dal 1945 ad oggi viene dunque costruita la maggior parte del patrimonio edilizio di Roma e la palazzina si impone decisiva nella composizione della città contemporanea, fino ad arrivare ai giorni nostri con esempi più o meno riusciti.

“Ci si deve interrogare se la palazzina è un’icona senza tempo ed un’istituzione moderna – osserva Emma Tagliacollo | CTF OAR – L’abitare è l’elemento che rende Roma originale, con sperimentazioni che vanno dalle case a torre fino a quelle a ballatoio, come evoluzione dei quartieri di San Saba, Garbatella e Montesacro. La palazzina definisce il cambio di tessuto in città, disegnandone i confini”.

Esempio attuale della ricerca tipologica, è la palazzina progettata al Flaminio da Studio Transit, in cui ampia vivibilità, adeguata esposizione est-ovest e cura dei particolari la rendono un ottimo esempio di palazzina contemporanea.

“L’obiettivo del progetto è stato quello di coniugare tradizione e innovazione, con un linguaggio che riprende elementi tipologici e materici dell’edilizia storica romana senza rinunciare a caratteri di forte contemporaneità – racconta Giulia Galletti | Studio Transit – La facciata ventilata ad effetto materico in pietra riprende cromie legate all’immagine storica della città, garantendo al tempo stesso elevati livelli di efficienza tecnologica. Il ritmo dei pieni e dei vuoti nega gli allineamenti verticali tra le bucature, scuotendo con delicatezza l’altrimenti rigida orditura dei prospetti”.

Un coraggioso tentativo di rielaborare una tipologia edilizia tradizionale, che ha costituito la corretta soluzione.

Analoga la sperimentazione sul tema di It’s, rinomato studio romano, che si è cimentato nel progetto LIVE, una demolizione e ricostruzione all’Eur. “LIVE è il nostro omaggio ad una tipologia che non è una tipologia – interviene Paolo Mezzalama | Studio It’s – Nonostante questo, dagli anni ’40 agli anni ’60, grazie alle palazzine, Roma ci ha regalato degli edifici di grande qualità che oggi finalmente iniziano ad essere riconosciuti per il loro vero valore. Pregio che, non va dimenticato, e che è stato favorito dall’ascesa di una borghesia sempre più benestante e da una committenza capace di ragionare in termini non solo economici, ma anche culturali. In questa operazione noi abbiamo ritrovato alcune delle condizioni che hanno permesso la nascita di alcune delle architetture più interessanti di Roma. Fra tutte un committente che ha saputo mettersi in gioco con noi ed un progetto che nasce in un quartiere ancora oggi alto borghese e fra l’altro di grandissima qualità: l’EUR. Con LIVE, abbiamo deciso di portare avanti un’operazione critica e dimostrare che ancora oggi è possibile realizzare una buona architettura abitativa rielaborando in chiave contemporanea alcuni principi che non abbiamo fatto altro che copiare dai grandi professionisti romani.”

Accanto al nuovo costruito, occasione rara e sporadica per la scarsità di lotti liberi, fondamentale ragionare sulla conservazione e sul restauro delle palazzine valevoli, i cui componenti e materiali devono essere rinnovati. Un approccio archivistico e la profonda conoscenza del manufatto aiutano l’architetto a compiere giuste scelte, soprattutto quando non è possibile ripristinare fedelmente elementi o perché non più in produzione o perché non riproducibili.

“Non possiamo prescindere dalla necessità di piani di conservazione e manutenzione del costruito e dalla conoscenza dei singoli progettisti, soprattutto quando non sono disponibili informazioni sullo specifico fabbricato – osserva Paolo Verdeschi | architetto che si è occupato tra l’altro del restauro di Villa Saracena, realizzata da Luigi Moretti a Santa Marinella – Caratteri costruttivi, scelte cromatiche, elementi decorativi possono essere desunti dalla conoscenza profonda del progettista ed applicati per assonanza durante i lavori di conservazione di queste opere”.

Gli fa eco Marco Maria Sambo: “Molte le pubblicazioni dell’OAR sul patrimonio romano del ‘900 tra cui annoveriamo le palazzine. Si deve intraprendere una riflessione sulla Carta della Qualità, che in alcuni casi deve essere ampliata per includere nuove opere. La tutela del ‘900 è fondamentale per progettare il contemporaneo e delineare visioni del futuro. Mapparne le architetture più significative significa studiarle e puntare su piani organici e restauri filologici”.

Il lungo lasso temporale di dominio della palazzina fa sì che le caratteristiche tecniche ed edilizie realizzative dell’epoca oggi siano state largamente modificate, in molti casi superate. I componenti che vennero impiegati (a cominciare da complementi come infissi e portoni) sono stati in larga parte sostituiti, così come i colori a calce e tempera tipici degli anni ‘50, con delle particolari cromie, oggi non sono più in produzione a livello industriale. Indicazioni progettuali per agire nel rispetto dell’opera come pensata alla sua origine possono provenire dallo studio del progettista.

Sulla morfologia della palazzina romana ha influito il clima mite della Capitale. “A Roma si è sperimentato molto in termini di rapporto tra interno ed esterno, plasticità della facciata, movimento della sagoma, grazie ad un clima favorevole agli affacci ed ai balconi, al contrario di Milano dove il filo del prospetto è per lo più lineare – commenta Verdeschi – Negli anni ’50 e ’60, gli iscritti all’Ordine degli Architetti erano all’incirca 1.500 ed avevano potuto godere di una formazione di altissimo livello, grazie a Professori che erano veri Maestri dell’Architettura. Poi la qualità si è progressivamente abbassata per una sudditanza dei professionisti alle società di costruzione, che rispondevano a logiche di ripetitività e profitto”.

Urgente dunque diffondere una cultura della palazzina romana, che renda edotta la società intera, dai singolo proprietari alle istituzioni, dell’immenso patrimonio immobiliare spesso poco noto, bisognoso però di essere manutenuto e conservato nel pieno rispetto dell’originario, per non snaturarne la qualità.

“Il rilancio dell’architettura è valorizzazione della città – conclude Lorenzo Busnengo – Interi quartieri non possono morire su sé stessi, in una Città Storica senza alcun intervento di riqualificazione e rigenerazione. La paralisi generale crea degrado, soprattutto se ci lasciamo imprigionare da preconcetti ideologici e moralismi architettonici. Sono gli interventi di qualità che possono rilanciare Roma, attraverso progettazioni calibrate dall’analisi del singolo luogo, comprensione dell’oggetto architettonico e dialogo con la cittadinanza”.

“Abito in una palazzina di autore ai margini del Circo Massimo, spersonalizzata e neutralizzata da Viale Aventino che è diventata un’autostrada – spiega Antonella Greco | Professoressa Sapienza Università di Roma – Gli altissimi livelli di cultura architettonica della buona progettazione, mediante una ricerca continua della tipologia e dei dettagli, devono essere supportati da un paesaggio urbano che ne valorizzi la qualità”.

di Giulia Villani

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