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Architettura
23 Aprile 2020

Post Covid19. Franco Purini: «Il modello smart city si è rivelato fragile e precario»

Di Redazione OAR

La pandemia ha permesso di mettere sotto la lente di ingrandimento molte sfaccettature dell’esistenza del XXI secolo, mostrandone limiti e potenzialità.

Anche l’organismo urbano ha subito un processo di indagine, facendo trasparire l’inefficienza dei più recenti modelli progettuali. Ne è fortemente convinto Franco Purini che commenta così il Post Covid: “La pandemia ci obbligherà a ripensare le città a partire dalla globalizzazione e da una società efficientista, basata su digitale, tecnologia e pervasività dei media”.

La concezione urbanistica degli ambienti antropizzati cambierà in seguito all’esperienza del Coronavirus?

“L’agglomerato urbano è sempre stato costituito da un insieme di città più piccole, rappresentate dai quartieri: unità urbane dotate di una loro autonomia, di una propria funzionalità e di un’identità morfologica in costante evoluzione e relazione con l’organismo principale – spiega Purini – Negli ultimi decenni invece si è preferita una concentrazione polare do edifici speciali e servizi essenziali visti come istituzioni totali e disseminati in una moltitudine di non luoghi”.

Sotto il vessillo dello slogan smart city, che si è dimostrato concetto “fragile e precario, indifeso ed illusorio” per utilizzare le parole di Purini, abbiamo assistito ad un’omologazione dei vari aspetti della vita urbana.

Il ruolo degli architetti da oggi in poi?

“Ci attende il compito primario di ricostruire la concezione della città in cui abitare che deve ritrovare progressivamente il suo significato più ampio e autentico, insieme alla capacità di singole parti urbane di svolgere il proprio ruolo all’interno della dimensione metropolitana in cui sono inserite”.

Un auspicio o forse un dovere per l’Architettura PostCovid.

(GV)

https://www.facebook.com/ordinearchitettiroma/videos/680915989350958/
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