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Architettura
15 Ottobre 2020

Spam Health Leisure & Green. Dalla città alfabetica alla città di relazione

Di Redazione OAR

Salute, tempo libero, paesaggio. Declinazioni diverse di una stessa parola, NEEDS, al centro di questa edizione di Spam 2020, che rimangono tali al di là del trascorrere del tempo. O forse no?

“Il costruito negli ultimi anni non è mai stato orientato al benessere – commenta Monika Schultz, ingegnere meccanico dello studio Transsolar, impegnata nel contenere l’emergenza del cambio climatico attraverso il disegno degli edifici – si realizzano edifici, si dotano di impianti e, solo alla fine, si aprono le finestre per cercare un dialogo con l’intorno. Abbiamo il dovere di compiere il processo inverso: la chiave è nel progetto integrato con i vicini di casa, le persone e la città, profondamente calato nella realtà locale”.

A parlare di transizione necessaria ed obbligata è Claudio Bertorelli – Aspro Studio, un ingegnere che ha parlato di paesaggio alla Casa dell’Architettura. “Auspico un passaggio dalla città alfabetica, costruita a colpi di consigli comunali, zonizzazioni e campiture, ad una città di relazione che ponga al centro la comunità per una definizione del termine di paesaggio attraverso il coinvolgimento di attori plurimi – spiega Bertorelli – Chi ogni giorno tocca con mano la progettazione sa che è culturalmente sbagliato pensare che questo transito passi”.

L’evento pandemico non ha fatto altro che accelerare la necessità di una rapida inversione di tendenza nel pensare lo spazio pubblico, la cui importanza è stata realmente capita quando ne hanno limitato l’uso per contenere i contagi.

Ancora una volta il legame forte tra Dreams e Needs che Bertorelli preferisce definire Sogni bis: “Dobbiamo compiere un salto carpiato e quantistico rispetto ai sogni che ci obbligano alla concretezza. È un momento magico se lo guardiamo con occhio ottimista”.

“Non dimenticando che uno spazio deve avere la libertà di funzionare in altro modo rispetto a come i professionisti lo hanno pensato: questa la ricetta per un costruito che non perda senso negli anni – aggiunge Monika Schultz, impegnata soprattutto in Europa e negli Stati Uniti – L’edificio deve essere «robusto», ovvero deve funzionare anche se l’utilizzatore lo vive in modo sbagliato. Continuiamo a monitorare i nostri progetti anche nelle fasi di esercizio”.

E la salute come elemento di progettazione? Ci si sta dirigendo verso un’ospedalizzazione dell’architettura?

“Siamo immersi in un’attualità che considera il bonus del 110% come panacea di tutti i mali e garanzia di salute – continua Bertorelli – L’architettura è qualcosa di molto più ampio, che rallenta il tempo, che ha bisogno di ciò che è per sua definizione inefficiente, ovvero il vuoto, e che si muove al di fuori di parametri univocamente determinati”.

Solo sposando questa accezione della sostenibilità si può pensare di innescare una svolta bio o green nei tessuti della città storica. “Perché cambiare gli edifici che rispondono correttamente alle aspettative delle persone? Se gli edifici storici consumano troppo, si deve trovare un compromesso che va verso la riduzione del fabbisogno o una diversa produzione di energia – osserva Schultz – A Roma, i fenomeni naturali che utilizzano i principi cardine della fisica sono noti da più di 2.000 anni. Non basta applicare dispositivi per parlare di sostenibilità”.

Gli architetti devono quindi mettersi in gioco, leggere le comunità, anticipare le situazioni e selezionare accuratamente gli strumenti che sono in continua evoluzione. “Perché siamo dei sarti, degli ebanisti, certo non dei rammendatori”, conclude Bertarelli.

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(GV)

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