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18 Settembre 2020

Focus sul Dl Semplificazioni. L’allarme degli architetti sullo stop totale agli interventi nei centri storici

di Redazione OAR

Dalle controverse norme sugli interventi di demolizione e ricostruzione – con il rischio concreto, denunciato dagli architetti, di generare un blocco totale di qualsiasi attività di sostituzione edilizia in centri storici, aree di pregio e tutelate – alla modifica dei prospetti degli edifici, fino all’accelerazione dei termini di svolgimento delle procedure edilizie, tramite una conferenza di Servizio semplificata per acquisire l’assenso delle altre amministrazioni. Ma anche il rafforzamento degli incentivi per gli interventi di rigenerazione urbana, la riduzione del contributo di costruzione da versare ai Comuni, la proroga di validità dei titoli edilizi e la previsione del rilascio, su richiesta dell’interessato, dell’attestazione dell’intervenuta formazione del silenzio-assenso da parte dello Sportello Unico dell’Edilizia.

Sono alcune delle principali novità, in ambito edilizio e urbanistico, contenute nel Dl Semplificazioni e che sono state al centro del webinar organizzato dall’Ordine degli Architetti di Roma, trasmesso in streaming lo scorso 14 settembre. Una occasione di approfondimento su temi di grande interesse per i professionisti con interventi che hanno ottenuto grande riscontro.

Rocchi: No alle città sarcofago. Concorsi di progettazione per un architettura di qualità

A introdurre i lavori è stato Christian Rocchi, vicepresidente OAR, puntando il dito su una delle misure più discusse – sotto il profilo edilizio e urbanistico – previste dal decreto, contenuta nelle ultime quattro righe dell’articolo 10 del D.l. 76/2020, che limitano pesantemente gli interventi di demolizione e ricostruzione in Zona omogenea A. Quanto previsto dal testo «scoraggia ogni operazione di sostituzione edilizia in zone A legandola a un processo burocratico farraginosissimo: il piano di recupero con un orizzonte temporale medio di gestazione pari a 10 anni – un tempo di ritorno inaccettabile per qualsiasi investimento, soprattutto quanto si parla di piccoli edifici – e che alla fine non assicura neanche la qualità dell’intervento», spiega Rocchi, precisando che «le Zone A sono spesso ampissime e vanno oltre i centri storici, ricomprendendo moltissimi edifici di nessun valore architettonico: capannoni industriali, edifici appena costruiti e considerati inadeguati, edifici diroccati lasciati al degrado e che fanno da sfondo alla criminalità». Una norma sbagliata, dunque, che rischia di produrre città «sarcofago» e che manca il bersaglio anche sul fronte della tutela dei beni culturali: «se nelle intenzioni del legislatore c’era un’ulteriore tutela, l’indirizzo dell’articolo 10 del dl 76 2020 è completamente sbagliato: ai posteri non si dovrebbero consegnare edifici degradati, manifesto di una politica che non sa su cosa deliberare».

Per intervenire sulle zone A, osserva il vicepresidente OAR, «esiste uno strumento usato in tutto il mondo: il concorso di architettura, che assicurerebbe meglio l’obiettivo di avere un’architettura di qualità e che dovrebbe essere supportato e incentivato, magari anche attraverso detassazioni e/o all’accesso, attraverso il suo uso, al procedimento urbanistico diretto».

Pagliai: Serve un correttivo per avviare una stagione di rigenerazione, anche in zone agricole

Tra gli interventi che hanno ottenuto maggior riscontro c’è stato quello di Carlo Pagliai, ingegnere urbanista che ha fatto il quadro sulle numerose novità introdotte dal Dl Semplificazioni rispetto al “vecchio” testo Unico dell’edilizia (Dpr 380/2011), in modo particolare nell’ambito dei lavori privati. Qui le slide del suo intervento: LINK

«Tra i tanti temi oggetto di modifica normativa – afferma – vi sono le definizioni di alcune categorie di intervento, l’introduzione della definizione di ‘stato legittimo immobiliare’ e la famigerata revisione degli interventi di demolizione e ricostruzione nelle zone vincolate dal Codice dei Beni culturali e Paesaggio, nonché nelle Zone omogenee A (centri storici e nuclei storici sparsi) oltre che nei contesti di pregio storico e architettonico definiti dai Piani Regolatori comunali.

L’introduzione della definizione di stato legittimo immobiliare, nello specifico, «avrà importanti ripercussioni sul settore della commerciabilità degli immobili e delle compravendite, oltre che nell’ambito delle pratiche edilizie e del regime sanzionatorio».

Ma quello che ha suscitato più criticità, rimarca anche Pagliai, «sono i nuovi limiti posti agli interventi di demolizione e ricostruzione nelle zone vincolate e zone omogenee A: in sostanza, è stato ‘abbassato’ lo spartiacque tra ristrutturazione edilizia e nuova costruzione per questi interventi in base alle caratteristiche specifiche di intervento. Anche le più lievi modifiche dell’organismo edilizio originario porteranno inevitabilmente a considerare l’intervento come nuova costruzione, applicando quindi un regime più severo e con contestuale esclusione dei benefici fiscali come i bonus edilizi, proprio perché la normativa li ammette fintanto che si rimane nell’ambito della stessa definizione di ristrutturazione edilizia». L’auspicio, a questo punto – conclude l’ingegnere – «è per un decreto correttivo, se davvero si intende aprire una seria stagione di rigenerazione urbana e insediativa. Abbiamo, inoltre, tanto patrimonio da rigenerare anche in zona agricola».

(FN)

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